Il sole (quindi la vitamina D3) come prevenzione e cura della fragilità ossea. Non è una leggenda metropolitana: il sole è un vero e proprio trattamento naturale che migliora la salute delle ossa.
Sappiamo ormai che, per mantenere le nostre ossa in buona salute, abbiamo bisogno dei raggi ultravioletti, che sono una componente della luce solare. il problema nasce quando, fra noi e il sole, ci sono troppi filtri che impediscono di arrivare fino a noi a quella parte di radiazione luminosa. Questo si verifica soprattutto d’inverno, quando il sole è più lontano dalla terra ed in più si creano barriere legate al maltempo.
Dal sole la vitamina che migliora la salute delle ossa
Quando invece la luce solare non troppo filtrata raggiunge la superficie della nostra pelle, la parte ultravioletta attiva nell’epidermide una sostanza lipidica detta 7- deidrocolesterolo. Noi non percepiamo gli ultravioletti, ma il 7-deidrocolesterolo vi reagisce formando colecalciferolo, la vitamina D naturale, appunto, o vitamina D3 che fa bene alla salute delle ossa.
Senza questa vitamina il calcio non viene ben utilizzato, e non si fissa nelle ossa.
Come conseguenza le ossa di deteriorano, perdono calcio, si indeboliscono e sono più vulnerabili alle fratture.
Le conseguenze sulle ossa della carenza di vitamina D
Due malattie delle ossa particolarmente sensibili alla mancata utilizzazione del calcio sono l’osteomalacia e l’osteoporosi. La prima, forma adulta del rachitismo, è un effetto diretto della carenza di vitamina D: le ossa, soprattutto quelle del bacino, della spina dorsale, e degli arti inferiori si demineralizzano, perdendo rigidità, ed il peso del corpo fa incurvare le ossa lunghe, comprime le vertebre e appiattisce le ossa del bacino. Anche nell’osteoporosi avviene una perdita di minerali nelle ossa: queste, invece di ammorbidirsi, diventano porose e fragili: insorge dolore alla schiena, la statura può diminuire per l’indebolimento e le fratture alle vertebre.
I danni causati da osteomalacia e osteoporosi
Queste due malattie possono entrambe determinare una grave fragilità ossea ed ogni caduta, ogni urto, può essere rovinoso e foriero di traumi fino alla frattura. Le fratture sono le lesioni più frequenti negli episodi di caduta e sono responsabili del 75% delle morti per caduta accidentale nella popolazione anziana di razza bianca. (America Journal of Public Health Service, studio del dott. Albert P. Iskrant). Al di là delle cadute, ulteriori indagini hanno rivelato che un gran numero di fratture del bacino sono legate ad azioni normalissime, come camminare o alzarsi dalla sedia. Esaminando le fratture del femore, ad esempio, si è trovato che erano associate a traumi lievi, all’età e al sesso (femminile per lo più). Il dott. Iskrant riporta, nel National Health Survey, che tutti i tipi di fratture mostrano, nel sesso maschile, la fascia di età più a rischio tra i 15 e i 24 anni, mentre nelle donne l’incidenza cresce con gli anni, raggiungendo i valori massimi nella fascia d’età dai 65 anni in su. Se si considerano solo le fratture del femore, l’incidenza dopo i 65 anni nelle donne è quasi otto volte più quella degli uomini alla stessa età: 9 contro 1,2. In ogni caso è superiore a qualunque gruppo di età o sesso.
Fragilità ossea: i soggetti più a rischio
Naturalmente chiunque non riceva un apporto non adeguato di vitamina D mina la salute delle ossa ed è esposto al rischio di osteomalacia oppure osteoporosi, ma gli anziani, i cronici lungodegenti , e le persone confinate in casa che per qualche ragione non possono mai esporsi alla luce solare sono particolarmente vulnerabili. Uno studio pubblicato su “Lancet” del 1975 riporta una ricerca effettuata su quattro gruppi di anziani, classificati in base alla quantità di esposizione alla luce solare e alle integrazioni di vitamina D, che poi sono stati confrontati con un gruppo di controllo formato da soggetti più giovani. I lungodegenti erano quelli con il livello più basso di vitamina D : in questi soggetti, non esposti da lungo tempo alla luce solare, il valore più frequente (medio) era appena di 1/17 di quello rilevato nel gruppo più giovane. In un secondo gruppo di pazienti, esposti occasionalmente alla luce solare, la media di tasso di vitamina D corrispondeva ad 1/ 5 di quella del gruppo di controllo. Il terzo gruppo era formato di pazienti trattati con 1000-1500 UI di vitamina D sintetica al giorno: il livello di vitamina D nel sangue era 1/7 rispetto al riferimento del gruppo di controllo. Portando il dosaggio quotidiano a 50.000 UI nel quarto gruppo di pazienti il livello della vitamina nel sangue superava i limiti superiori della gamma di variabilità osservata nei soggetti più giovani.
A quanto sembra, un po’ di luce solare fa meglio di piccole dosi di vitamina D sintetica alla salute delle ossa.
Il dott. Corless, responsabile dello “studio”, ha rilevato che il livello di calcio nel sangue era lo stesso per tutti i pazienti, quelli trattati e quelli non trattati. Ma, in assenza di vitamina D ( o della luce solare che la produce), il calcio NON si deposita dove dovrebbe, e cioè nelle ossa. Uno studio apparso su “Scientific American” condotto dai dott. Richard J. Wurtman e Robert Neer, ha misurato l’effetto della luce solare sull’assorbimento del calcio :
“la ricerca, eseguita su un gruppo di uomini anziani, indicava che la mancanza di una adeguata esposizione ai raggi ultravioletti durante i lunghi mesi invernali, peggiora in misura significativa l’utilizzo del calcio da parte dell’organismo, anche se è presente a sufficienza nell’ alimentazione”.
In questo studio due gruppi di controllo non uscirono di casa durante il giorno per ben sette settimane invernali. Alla fine di questo periodo il calcio fornito dalla dieta risultava assorbito solo nella misura del 40% in entrambi i gruppi. Nella quattro settimane successive un gruppo rimase al chiuso, mentre l’altro veniva esposto per otto ore al giorno ad una speciale lampada fluorescente che simulava la spettro solare nella fascia delle radiazioni simili all’ultravioletto. Mentre nel primo gruppo l’assorbimento di calcio diminuiva del 25%, nel secondo gruppo l’assorbimento di calcio saliva del 15%, quindi, secondo gli autori della ricerca:
“la quantità supplementare di raggi ultravioletti era equivalente più o meno a quella che avrebbero potuto ricevere d’estate con una passeggiata di un quarto d’ora all’aperto verso mezzogiorno”
Consigli per la salute delle ossa
Nei mesi invernali, data l’angolatura diversa con cui i raggi solari raggiungono la terra, ci arriva solo una parte della radiazione ultravioletta: più o meno soltanto un 1/15 di quella che ci arriva da giugno in poi. Quindi, nonostante il fatto che il nostro organismo sia in grado di immagazzinare la vitamina D, dopo circa un mese di buio invernale, in assenza di integrazioni, soprattutto in certi soggetti a rischio, il livello di vitamina D si abbassa vertiginosamente, andando a minare la salute delle ossa. In conclusione, bisognerebbe
1 – cogliere le occasioni per passeggiare all’aria aperta anche d’inverno soprattutto quando fa capolino un po’ di sole
2 – approfittare dell’estate per esporsi, con moderazione ma con costanza, ai raggi del sole, magari nelle ore in cui i raggi sono meno forti ma ricchi di ultravioletti.
In mancanza di questo non bisogna escludere a priori la possibilità di colmare la differenza con una adeguata integrazione di vitamina D3 naturale che, vi ricordo è ricavata dall’olio del fegato dei pesci.
Ma, come riferisce il dott. Wurtman nel suo articolo Scientific American, una equipe di ricercatori della Washington University Scool of Medicine ha trovato che il 70-90% della vitamina D nel sangue è attribuibile alla vitamina D3 e ai suoi derivati. In conclusione l’arricchimento dei cibi con vitamina D artificiale non è altrettanto efficace, dal punto di vista dietetico, quanto la vitamina D naturale ricavata dalla luce solare!
SOFFRI DI OSTEOPOROSI E/O OSTEOMALACIA E VUOI SAPERNE DI PIU’?