Le esperienze dei genitori possono determinare i caratteri genetici dei figli?
Come scritto precedentemente in un post sull’Epigenetica, la ricerca epigenetica ha dimostrato che i modelli di DNA non sono fissati alla nascita, ma vengono continuamente modificati dall’ambiente.
I geni, quindi, non sono il nostro destino: le influenze dell’ambiente, come l’alimentazione, le emozioni, lo stress, possono modificare i geni senza modificare il modello di base. La cosa straordinaria è che queste modifiche apportate dall’ambiente possono essere trasmesse alle generazioni future esattamente nello stesso modo in cui vengono trasmessi i modelli di DNA, ovvero attraverso la doppia elica. (Reik e Walter 2001- Surani 2001). I sostenitori delle teorie “geni uguale destino” hanno voluto ignorare cent’anni di ricerca riguardante le cellule enucleate, ma non possono ignorare le nuove scoperte dell’Epigenetica che mina alle fondamenta le convinzioni del determinismo genetico. Ma andiamo con ordine.
Primi passi dell’Epigenetica
Sin dalla fine degli anni ’40 i biologi hanno isolato il DNA dal nucleo delle cellule per studiare i meccanismi genetici (ricordo che nel nucleo si trova la doppia elica del DNA e il nucleo stesso rappresenta l’organo di riproduzione della cellula, non il cervello, che invece è la membrana cellulare). Estraggono il nucleo dalla cellula, aprono la membrana protettiva e rimuovono i cromosomi, che sono costituiti per metà da DNA, e per l’altra metà da proteine regolatrici. Ora, nella loro frenesia di studiare e osservare il DNA, quasi tutti i ricercatori buttano via le proteine, ma è come “buttare via l’acqua sporca e il bambino insieme”!
Alcuni ricercatori epigenetisti, invece, hanno ben pensato che dovesse esserci un motivo per cui il DNA fosse protetto da questa “camicia” di proteine, e stanno recuperando le proteine regolatrici.
Il ruolo delle proteine regolatrici nell’ereditarietà si sta rivelando di non minore importanza di quella del DNA.
Come avviene il meccanismo di regolazione epigenetica?
Le cose stanno così: all’interno di un cromosoma il DNA costituisce il nucleo e le proteine lo avvolgono come una manica di camicia. Finché i geni sono coperti da questa camicina, essi non possono essere letti, il che equivale a dire che non si attivano. Le proteine regolatrici proteggono il DNA che non può essere attivato. In questo caso è come un libro chiuso che nessuno legge: per essere letto c’è bisogno di qualcuno che apra il libro, lo sfogli, e cominci a leggerlo. Allo stesso modo, per attivare un gene, c’è bisogno di un segnale ambientale che spinga la proteina-manica a cambiare forma, cioè a staccarsi dalla doppia elica del DNA, permettendo così la lettura del gene. Una volta scoperto il DNA, la cellula crea una copia del gene esposto, e lo attiva. Ciò significa che:
L’attività del gene è “controllata “ dalla presenza o dall’assenza delle proteine- manica, che a loro volta sono controllate da segnali ambientali.
La storia del controllo epigenetico è la storia del modo in cui i segnali ambientali determinano l’attività dei geni. Quindi, più che di “Primato dei geni” bisognerebbe parlare di “Primato dell’ambiente” . Il flusso più sofisticato di informazioni nei processi biologici parte, quindi, da un segnale ambientale, passa ad una proteina regolatrice e solo a questo punto arriva al DNA, all’ RNA e al prodotto finale, cioè alle proteine. Questi meccanismi hanno fornito ai ricercatori la possibilità di studiare sia il contributo della natura (i geni), sia quello dell’educazione al comportamento umano (meccanismi epigenetici).
Si evince che focalizzarsi solo sui geni è stata una grave mancanza che ha reso impossibile, per decenni, capire a fondo l’influenza dell’ ambiente.
(Dennis 2003- Chakravati e Little 2003).
Oggi quindi sappiamo che si possono modificare le informazioni genetiche senza intaccare il modello di base del DNA, ed è quello che fanno le proteine regolatrici. Gli studi sulla sintesi delle proteine dimostrano che i meccanismi di regolazione epigenetica (l’ambiente) possono dare origine a oltre 2000 variazioni di proteine a partire dalla stesso modello genetico (Bray 2003- Schmuker et al. 2000). In parole povere:
Possiamo trasmettere di generazione in generazione informazioni influenzate e dettate dall’ambiente, e quindi non solo quelle dei geni del modello di base.
L’Epigenetica e il ruolo dell’alimentazione
Un’importante studio della Duke University, pubblicato nel numero del 1 agosto 2003 della rivista scientifica “Molecolar and Cellular Biology” dimostra che, nei topi, un ambiente modificato ignora addirittura le mutazioni genetiche (Waterland e Jirtle 2003). Gli esperimenti erano volti a cercare di modificare le anomalie genetiche di una specie particolare di topi dal nome “Agouti”. Questi topi hanno il pelo giallo e sono molto obesi, predisposti geneticamente al cancro, diabete e malattie cardiovascolari. Alle madri gravide portatrici del gene anomalo Agouti è stata somministrata una dieta arricchita di un integratore alimentare ricco di gruppi metilici, quali acido folico, vitamina B12, betaina e colina. Queste sostanze si sono rivelate, secondo alcuni studi, attive sulle modificazioni epigenetiche. I risultati di questa ricerca sono stati strabilianti: le madri a cui erano stati somministrati gli integratori di gruppi metilici avevano partorito topolini normali, esenti dal gene difettoso “Agouti”, magri, con il pelo marrone e non giallo, nonostante portatori dello stesso gene difettoso della madre. Essi erano sani e non mostravano segni di diabete né di altre patologie. Le madri che non avevano assunto gli integratori avevano partorito invece topolini obesi, dal pelo giallo e diabetici.
Di fatto quando i gruppi metilici si legano al DNA di un gene, si produce un cambiamento nelle caratteristiche del legame delle proteine regolatrici dei cromosomi. “Metilare” il DNA può impedire o modificare l’attività dei geni.
Pensate, ad esempio, a quanto possono essere importanti gli integratori alimentari, soprattutto in gravidanza! È proprio il caso di dire: l’ alimentazione batte i geni!
Le malattie, colpa dell’ambiente più che dei geni
Alcuni studi hanno dimostrato che il coinvolgimento dell’ambiente sui geni è responsabile di numerose malattie, dal cancro, al diabete alle malattie autoimmuni e cardiovascolari. Infatti, ad esempio, solo nel 5% dei pazienti malati di cancro e di disfunzioni cardiovascolari la malattia è attribuibile a fattori genetici ereditari (Willett 2002). A suo tempo i media sbandierarono a più non posso la scoperta di alcuni geni portatori del tumore al seno, il BRCA1 e il BRCA2, dimenticando di dire però che il 95% dei tumori al seno non è dovuto a fattori ereditari.
La gran parte dei tumori maligni è dovuto ad alterazioni epigenetiche innescate dall’ambiente e non da geni difettosi.
Vorrei concludere ricordando un ricercatore, Jean Baptiste Lamarck, tanto disprezzato dalla casta della scienza deterministica per le sue idee evoluzioniste : egli credeva nella possibilità di trasmettere caratteri acquisiti come frutto dell’influenza dell’ambiente. Oggi sappiamo che aveva ragione. Ed ancora, La filosofa Eva Jablonka e la biologa Marion Lamb, che scrissero, in uno studio del 1995, ( Epigenetic Inheritance and Evolution – The Lamarckian Dimension):
“La recente biologia molecolare ha dimostrato che il genoma è molto più duttile e reattivo all’ambiente di quanto si pensasse in precedenza. Ha inoltre dimostrato che le informazioni si possono trasmettere alla discendenza in altri modi oltre che tramite la sequenza base del DNA“
E siamo tornati al punto di partenza, e cioè l’Epigenetica. Il DNA non controlla i processi biologici. Il nucleo della cellula non è il suo cervello. Il senso è che possiamo essere noi il cervello.
Noi possiamo controllare, almeno in parte e forse in gran parte, i nostri processi biologici, che sono legati all’ ambiente in cui viviamo e ai nostri processi mentali.
Come voi e come me, le cellule non sono predestinate ma modellate dall’ambiente in cui vivono. Non è fantastico?
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leggendo questo post voglio chiedervi se il gene che produce una proteina difettata può essere corretto
Gentile Giovanna, mi scusi per il ritardo della risposta. La risposta al suo quesito è si, lo scrivo nell’articolo e lo ribadisco ora. Il problema dei geni è sempre legato all’ambiente, e per ambiente si intende lo stile di vita, l’alimentazione, l’elaborazione dei vissuti emotivi ( l’effetto nocebo ne è un esempio), e l’esposizione alle tossine ambientali. I geni non si innescano da soli, ma si attivano dietro forte sollecitazione ambientale. Allo stesso modo uno stile di vita corretto, anche e soprattutto in gravidanza possono evitare la trasmissione di geni difettosi, questo ce lo dicono gli studi di Epigenetica. Ad esempio, se sono portatrice del gene del diabete, e starò attenta a non eccedere con gli zuccheri, farò ginnastica, e non sarò mai sovrappeso, il rischio di ammalarmi sarà vicino allo zero. parimenti se il mio stile di vita sarà sballato, quasi certamente mi ammalerò di diabete. La scelta è nostra. Possiamo fare molto per iimpedire ai nostri geni difettosi di esprimersi, e questa mi sembra una notizia confortante, anche se ci da una maggiore responsabilità in caso di malattia. Un caro saluto.
Biodiversita’ nuove concezioni. Le ricerche su la epigenetica ha modeficato il determinimo Meccanico per cui si ritenevano che il funzionamento delle cellule dipendessero unicamente dalle informazioni prescritte nel DNA . La espressione del DNA puo essere modificato epigeneticamente dalle informazioni derivanti dall’ ambiente creando da uno stesso fenotipo una pluralita di fenotipi aumentando la bio-diversita’. Inoltre la biodiversita tra speci genetiche diverse si sviluppa siu base cooperativa per dare forma alla complessita della vita sul nostro pianeta. Pertanto la competizione non è la base dell’evoluzione; non è la sopravvivenza del più forte che ci permette di sopravvivere e prosperare ma la cooperazione che determina la sostenibilita ambientale quella che ci permettera di sopravvivere. Paolo Manzelli https://www.facebook.com/groups/195771803846822/